dal 10 Novembre al 29 Novembre 2017
a cura di Twenty14 Contemporary
Il periodo ipotetico è una struttura sintattica attraverso la quale si esprime un’ipotesi da cui può derivare una conseguenza. Allo stesso modo questa non è una mostra, ma un’ipotesi di mostra, nata da una delle tante possibilità che questi artisti pongono in essere. Mettendo in discussione l’atto espositivo, quindi il principio di selezione che ne è intrinseco, la conseguenza è interrogarsi sul processo fotografico stesso.
Allontanandosi dall’idea che uno scatto possa determinare un soggetto, viene posta una lente d’ingrandimento sull’insufficienza dell’immagine, ma nello stesso tempo sulle innumerevoli eventualità che essa può produrre. Quello che vediamo non è sufficiente, ed è forse proprio la sua insufficienza che permette di generare nuovi interrogativi.
Possiamo dire che ciò che accomuna il lavoro di Cesare Ballardini, Achille Filipponi e Massimiliano Rezza, è proprio il vivere la fotografia come un’eterna peregrinazione, in cui la meta non vuole e non deve essere aprioristicamente stabilita. Apparentemente tre metodi diversi, o non metodi, che indagano sulla fotografia stessa. Partendo da un’atteggiamento che potremmo definire con il termine di “scetticismo fotografico”, i tre autori giocano con la vista, tra palindromi, finti multipli e immagini che si proliferano come cellule. La mostra sarà accompagnata da un catalogo auto prodotto in tiratura limitata con un saggio di Daniel Blight.