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SÅM Esplorazione Visiva della Lessinia
Residenza d’artista 2019

AXIS a cura di Rafal Milach e Ania Nalecka-Milach

SÅM è una residenza che diventa un archivio in continua crescita di espressioni personali ed intime nate in risposta ad un ambiente dato. Questo processo coinvolge diversi campi: dalla geografia, storia e geologia fino ad arrivare a studi di tipo sociale, economico e politico. SÅM si fa piattaforma che esamina e studia, mettendo sullo stesso piano, tematiche personali e avvenimenti di risonanza mondiale. Questo crea un dialogo tra la terra locale e le prospettive esterne, tra ciò che ci è vicino e ciò che ci è lontano, che potrebbe dar vita a cambiamenti nel modo di percepire i contesti locali e renderli agenti per affrontare tematiche più ampie. Con la seconda edizione di questa residenza siamo arrivati a trattare la metà delle storie che ci aiutando a riscoprire del territorio della Lessinia. Il lavoro di quattro artisti è stato scelto e strutturato in una costellazione di assi in modo da poter operare su un livello sia fisico che metaforico. La risultate galleria di immagini serve come punto di partenza per l’esplorazione della struttura della città, i villaggi limitrofi ed i siti naturali. Questa galleria ha infatti creato una mappa alternativa della regione. Il progetto è quindi un invito a nuove scoperte, sia quelle di nuovi lavori al di fuori della galleria, sia quelle di un ritrovato territorio che è stato la base dei progetti presentati.

Krzysztof Światły / Lunghezza d’onda

Decine di milioni di anni fa qui c’era l’oceano – basso, trasparente e caldo.
Il professor David Bellwood della James Cook University ha scoperto che i pesci che vi nuotavano avevano sviluppato un linguaggio complesso e comunicavano tra loro cambiando colore e tonalità della pelle. Nel processo di evoluzione questa speciale abilità è andata però perduta. Alcuni scienziati alla JCU stanno studiando le barriere coralline che stanno attualmente perdendo il loro tipico colore arcobaleno a causa del riscaldamento globale. Questo fenomeno di sbiancamento è uno dei molti segni che ci indicano che la nostra terra sta morendo. Il mare di ieri è la montagna di oggi, i colori di oggi sono il bianco e nero di domani. La luce che raggiunge la terra viene assorbita dalle persone e dagli oggetti. Quando un oggetto riflette la luce al 100% questo viene percepito come bianco; se ne assorbe tutti i fotoni come nero. Il colore è un impressione causata da onde elettromagnetiche di una data lunghezza.
In Lessinia c’è poco inquinamento luminoso ed è quindi possibile osservare le stelle. Ciononostante, guardando le stelle non si vede lo stato presente ma bensì la mappa del cielo nel momento in cui la luce ha cominciato il suo viaggio verso la Terra. Grazie al telescopio Hubble possiamo vedere le stelle che si trovano a miliardi di anni luce di distanza da noi. Un astronomo che guarda attraverso il telescopio è quindi in grado di vedere la Lessinia nel tempo in cui questa era sommersa dalle acque. La maggior parte delle stelle che osserviamo ad occhio nudo ci appaiono bianche a causa di una specifica struttura dell’occhio umano, il quale perde l’abilità di distinguere i colori in condizioni di scarsa luminosità. Così come accade per i ricercatori per quanto riguarda i cambiamenti climatici, allo stesso modo i linguisti, studiando il linguaggio e la comunicazione, riscontrano molti cambiamenti allarmanti. Uno di questi è il rapido sviluppo di quello che viene chiamato “linguaggio dell’odio” contro tutto ciò che è diverso e non uniforme. Gli arcobaleni si stanno bruciando, lo spettro colorato va dal rosso caldo al bianco pallido. Ancora una volta nella storia dell’uomo, le persone non hanno vergogna dei loro sentimenti di nazionalismo, omofobia e razzismo. Un’altra tendenza riscontrata è l’estinzione di massa delle lingue. Nella lingua Burginian, che sta lentamente scomparendo, la parola “varbe” significa “verbo”, e in senso più ampio “parola”. Nella lingua Cimbra, anch’essa in via di estinzione ma ancora parlata sulle colline della Lessinia, “varbe” vuol dire “colore”. Per generazioni la famiglia Cerato ha cercato le tracce del suo passato dentro le rocce Bolca. Questi fossili, nonostante non siano colorati di per se, ricordano in un certo qual modo le stelle. Queste rocce potrebbero sembrare scolorite ma in realtà sono una traccia colorata proveniente dal tempo in cui sulla terra si parlava la lingua dell’arcobaleno e l’oceano era qui – basso, trasparente e caldo.

Claire Laude / Muri d’acqua, Vele di pietra

UN SOGNO
Jorge Luis Borges
In un luogo desolato dell’Iran si erge una torre di pietra, abbastanza bassa, senza porte né finestre. Nella sua unica stanza (questa ha pavimenti di terracotta e una forma circolare) c’è un tavolo di legno ed una panca. In questa cella circolare, un uomo che mi assomiglia, usando caratteri a me sconosciuti, scrive una lunga poesia riguardo un uomo che si trova in un’altra cella circolare, il quale sta scrivendo una poesia riguardo un altro uomo in una cella circolare… Il processo è senza fine e nessuno saprà mai che cosa è stato scritto dai prigionieri. Ho pensato a questo brano dopo aver incontrato a Bosco Chiesanuova l’architetto Vincenzo Pavan, il quale ha dedicato la maggior parte della sua vita allo studio dell’architettura dei tipici edifici presenti sul territorio della Lessinia. Pavan crede che questa architettura sia un’eredità e una testimonianza di storia e scienza e dunque, ogni lavoro di ristrutturazione, non dovrebbe assolutamente alterarne la struttura nella sua essenza, anche se questo potrebbe voler dire lasciare che il tempo la trasformi in una rovina fino a farla scomparire definitivamente. Si può dire che in Italia ci sia un patrimonio della “scomparsa”. Ci sono infatti numerosi edifici, chiese e anche intere città che sono state gradualmente abbandonate a causa della mancanza di fondi pubblici necessari per il loro mantenimento, nonostante questi siano stati usati e sfruttati per generare turismo. Questi edifici abbandonati appartengono al territorio, al paesaggio e all’immaginario collettivo italiano. Durante la mia residenza in Lessinia, ho notato come, nonostante gli edifici tradizionali siano onnipresenti, questi vengano considerati come semplici elementi costitutivi del paesaggio.
Nel XIX secolo vennero costruiti alcuni edifici per la formazione del ghiaccio, le cosiddette ghiacciaie, che, con l’avvento delle tecnologie moderne e la consecutiva perdita di questa tradizione, sono state infine abbandonati. La maggior parte delle ghiacciaie sono state lasciate così come erano, deserte e chiuse al pubblico. Alcune sono state ristrutturate e fungono da piccoli musei e siti di interesse storico. Anche altre tipologie di edifici, come i fienili, sono state abbandonate e, durante le varie ristrutturazioni, l’uso del cemento ha causato loro danni irreversibili. Nella regione della Lessinia i vari processi di ristrutturazione danno prova di una mancanza di interesse nella storia dell’architettura tipica. Questi lavori sono stati portati a termine attraverso processi di appropriazione e attraverso l’uso di quelle che si potrebbero definire “forme tradizionali”, che sono chiaramente estranee al passato, alla funzione di questi edifici e ai loro materiali originali.
Tutto ciò ha scaturito in me domande sull’eredità, il patrimonio e il concetto di autenticità ed identità. Questo progetto fa parte di una ricerca attualmente in corso sul rapporto tra architettura e oblio e il significato che si cela dietro la costruzione di nuovi spazi. Un essere umano inscrive le proprie azioni nella costruzione di un dato spazio, queste inscrizioni sono poi sovrapposte con delle nuove e le tracce iniziali possono comunicare con le nuove fino a portare ad una definitiva cancellazione delle prime. (in inglese è più chiaro, in italiano si capisce?) Questa ambivalenza tra presenza ed assenza di memoria, tra immaginario e vissuto e la reinterpretazione di queste testimonianze in relazione ad uno spazio dato si trovano alla base del mio lavoro. Come viene percepito uno spazio quando questo cessa di esistere in quanto privato delle sue funzioni vprimarie? Quali e dove sono queste connessioni impercettibili? Come può l’architettura plasmare il comportamento umano? Come vive ed esiste uno spazio ricostruito che diventa quindi un artefatto?
La storia è dunque un continuo riscrivere, diviso tra osservazione ed interpretazione, organizzazione e manipolazione.

Anto Milotta / Klage

Il titolo dell’installazione prende spunto dal fenomeno acustico della cosiddetta Klage, in quanto “[…] vi corrisponde il fatto che a Roana una vecchia credette sempre di sentir lamentarsi i suoi morti, benchè fosse l’arcolaio a cigolare”. Il nostro interesse verso le facoltà soprannaturali dell’uomo ci ha portato a indagare questo fenomeno attraverso l’audio, un medium che per sua natura è immateriale e intangibile, in relazione alle grotte, luoghi simbolo dell’ignoto. L’installazione è composta da una traccia sonora digitale, diffusa da uno speaker artigianale e da una composizione creata con un nastro magnetico. La traccia audio, ottenuta attraverso field recordings digitali e analogici, compone un paesaggio sonoro inedito, in quanto ai suoni naturali di una grotta vengono associati suoni che richiamano l’ambiente domestico appartenente alla tradizione Cimbra. Unire queste due dimensioni diventa un pretesto per indagare le presenze intangibili di un mondo sottile con cui non siamo più in grado di comunicare.
I componenti di uno speaker direzionale a compressione vengono assemblati al manufatto di un artigiano locale, che utilizza l’arte dell’intreccio del salice. Tecniche e tecnologie del passato e del presente si intrecciano per costituire una scultura sonora.
Il nastro magnetico, utilizzato sia per la registrazione finale, che per la teca a parete, diventa un supporto sensibile che si imprime del magnetismo di energie sottili. Ai 7 minuti di suono corrispondono 21 metri di nastro. Questo materiale viene modellato all’interno di una teca per rievocare la silhouette delle grotte, nonché quella delle onde sonore. Inoltre, il nastro magnetico diventa un omaggio a Friedrich Jurgenson, noto pioniere nell’ambito delle registrazioni para- acustiche.
L’allestimento dello speaker direzionale dialoga con il cimitero in prossimità dello spazio e l’intero progetto tiene conto che, prima della riforma napoleonica, il luogo di sepoltura dei morti era dove ora erge il centro socio-culturale di Bosco Chiesanuova.

Martina Zanin / Nascosto in piena vista

“Con stivali di gomma per la pioggia; un elmetto per gli infortuni; una tuta per movimenti comodi. Al primo passo il mio piede si è coperto di fango – appiccicoso e scivoloso; i rovi mi hanno strappato la tuta. Quando arrivai nel punto più buio accesi la luce e lì, di fronte a me, leggermente illuminato, l’ignoto. Eccomi qui, all’interno del suo paradosso. Il territorio della Lessinia ha qualcosa da nascondere. Camminando sulle sue terre, ci si trova in mezzo a due opposti – il lato positivo e quello negativo. Come una moneta, devi scegliere testa o croce. È questione di attrazione. La sua parte più oscura potrebbe essere sia l’abisso che il ventre materno; il suo opposto contiene paesaggi meravigliosi e segreti tenebrosi. Questi elementi potrebbero essere considerati antitetici ma hanno qualcosa in comune – esistono simultaneamente. Spengo la luce del mio elmetto e riesco così a vedere una luce nella distanza; più cammino e più sono incapace di capire ciò che si trova di fronte a me. Poi, il vuoto.”
Giocando con associazioni di idee, diverse prospettive e opposti, Hidden in Plain Sight vuole disorientare gli spettatori e scaturire sentimenti contrastanti riguardo a ciò che stanno osservando. Hidden in Plain Sight prende come punto di partenza l’esperienza e la sensazione di camminare dentro e fuori una grotta – caratteristica comune del territorio carsico della Lessinia.