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GONE TO THE DOGS

collettivo Domino

dal 23 ottobre al 10 novembre 2015

1939 Isole Tremiti:

“ Mi feci il segno della croce e dissi: qui ci portano in pasto ai cani. Tutti quanti in pasto ai cani! “

Durante il regime fascista centinaia di persone in tutta Italia, quasi esclusivamente uomini, vennero arrestate, schedate e mandate al confino perché omosessuali. Di questi interventi repressivi vengono presi in considerazione gli arresti del 1939 nella città di Catania, culminati nella più ampia operazione di confino, sull’Isola di San Domino delle Tremiti.
Qui gli arrusi, come erano chiamati in dialetto, rimasero per più di un anno. La vita quotidiana era sottoposta a regole, censure, divieti, sempre sotto il controllo delle forze dell’ordine. Gli arrestati erano per la maggior parte analfabeti. Per lo più sarti, operai, contadini e qualche impiegato che saranno obbligati a vivere in cameroni comuni. “Se non ci si arriva da turisti, San Domino può mettere paura”.Le Tremiti hanno una lunga vocazione carceraria: già Federico I di Borbone utilizzò l’abbazia di San Nicola per deportarci i malviventi. Le Isole sono eredi di un particolare senso di solitudine e desolazione: a San Domino c’erano solo i pini, gli scogli, il muro, il mare. In fondo all’isola si arrivava ad un faro, dove a volte si potevano avere fugaci incontri sessuali con i marinai di guardia. Lí si era davvero fuori dal mondo. Questo isolamento aveva una duplice valenza per i confinati: da una parte l’esclusione e la prigionia, ma dall’altra una certa libertà. A casa bisognava stare sempre attenti a non essere scoperti, mentre qui “potevi fare quello che volevi, tanto ormai eri in prigione.” Il confino degli omosessuali in epoca fascista fu un’opera di segregazione e repressione svolta nel massimo silenzio, al quale contribuirono le stesse vittime e gli abitanti dell’isola. Oggi non ci sono più arrusi in vita e gli anziani di S. Domino, che al tempo erano bambini, sembrano non ricordarsi molto bene di questa storia. Unico segno del loro passaggio una piccola targa commemorativa, quasi nascosta su una parete del municipio.Il contrasto tra la bellezza dei luoghi e la situazione di confinati è il filo conduttore di questo progetto, che nei documenti ritrovati nell’Archivio di Stato trova poi un aggancio imprescindibile con la realtà storica e guida l’osservatore a quello che è l’obiettivo del lavoro: riportare alla memoria, o più spesso far conoscere, questa vicenda italiana. Dopo aver letto i documenti, le foto segnaletiche rivelano finalmente i volti degli arrusi: appena fatti prigionieri, ignari di cosa stia per succedergli, guardano fisso in macchina.
Incontrando i loro sguardi carichi di incredulità, vergogna e paura non si può rimanere indifferenti e non interrogarsi su come questo tema sia stato affrontato ed elaborato in questi settant’anni di storia.

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