Un’esperienza di ricerca sociale partecipativa e, allo stesso tempo, un esperimento di fotografia documentaria. Questo libro nasce dall’esigenza di un gruppo di richiedenti asilo ospitati presso una struttura della provincia di Varese durante il 2014 di informare circa la legislazione europea in materia di rifugiati. Per far sapere che un’assurda normativa obbliga a tornare nel primo paese in cui si fa ingresso, aspettando che i lenti tempi burocratici facciano il proprio corso. Far conoscere il Regolamento di Dublino all’interno e al di fuori dei nostri confini, quindi. Far sapere che l’Europa deporta.
Il testo riporta la storia del viaggio di cinque persone provenienti da diversi paesi. Storie, non statistiche. Alla freddezza dei numeri, qui si oppone la vitalità e la frammentarietà della narrazione. C’è chi ha attraversato il deserto, chi ha volato con un visto falso, chi semplicemente in Italia la prima volta è entrato legalmente, come lavoratore stagionale. La forza di queste storie sta proprio nella loro diversificazione. Non solo barconi, potremmo dire, cercando di smontare le immagini stereotipate che quotidianamente raccontano la migrazione. Immagini appunto, ciò che questo testo accoglie e allo stesso tempo riformula in chiave critica. La parte fotografica rifugge infatti il sensazionalismo, sostituendovi consapevolmente il distacco della tecnica dello still life: oggetti simbolo scelti da alcuni richiedenti asilo per rappresentare il proprio bagaglio lungo il cammino. Lo still life è un prestito linguistico che sta a significare in fotografia quello che per la pittura è la “natura morta”, ossia la raffigurazione di un oggetto inanimato. Ovviamente uno still life si distingue da una normale fotografia per l’utilizzo di determinati tipi di luce (solitamente diffuse, a volte con l’aggiunta di luci dure nel caso si voglia far risaltare qualche dettaglio).
Le cinque narrazioni sono introdotte da una breve scheda paese e da grafiche raffiguranti il viaggio verso l’Europa.
Autori:
Paolo Grassi è dottore di ricerca in Scienze Storiche e Antropologiche presso l’Università di Verona (Scuola di Dottorato di Studi Umanistici). Ha compiuto ricerche in Guatemala e in Repubblica Dominicana, dove risiede attualmente. Il suo ultimo libro, “Il limbo urbano” (Ombre Corte 2015), descrive la struttura spaziale di Città del Guatemala a partire da una ricerca etnografica incentrata sul tema del banditismo giovanile.
Matteo Spertini, 26 anni, è un grafico e fotografo documentario. Laureatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, con un erasmus all’Ecole Nationale des Beaux Arts de Dijon, Francia, frequenta una masterclass di fotografia documentaria presso la John Kaverdash Accademia di Fotografia, a Milano. Attualmente lavora su progetti personali quali l’indagine sociale e fotografica di realtà alla periferia del consumismo, in vari luoghi d’Europa e del mondo: una minuscola comunità prealpina tra Italia e Svizzera e un eremita irlandese costituiscono i primi capitoli di una serie in corso d’opera. Sta lavorando inoltre a un reportage sulla realtà degli orfanotrofi siberiani.
Christian Parolari nasce a Rovereto, il 14 aprile 1986 e vive sulla sponda nord del lago di Garda; frequenta un master di fotografia a Milano e si specializza in reportage e still life. Affezionato alla serialità e alla pellicola istantanea, è attualmente impegnato nello sviluppo di progetti inerenti al mondo dell’immagine, ricerche nel campo fotografico non necessariamente legate ad un click.
Presentazione del libro
testi di P.Grassi
progetto grafico di M.Spertini
fotografie di C.Parolari
Fonderia 20.9
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t 045.8012855
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